Passione e professionalità . Intervista con il cardiologo Fabrizo D’Errico

Da America Oggi

DI VINCENZO MARRA”

08-10-2008

I giovani italiani che trovano soddisfazione nella loro professione sono molti di più di quanto vorrebbero farci credere i rapporti che ci arrivano sui binari della quotidiana retorica autocelebrante di questo o quell’organo di informazione. La nostra ricerca continua e dopo aver portato alla vostra attenzione sei grandi giovani professionisti, inizia la seconda serie con il giovane chirurgo romano, Dr. Fabrizio D’Errico. Non ancora quarantenne, il Dr. D’Errico, in servizio presso l’Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli di Roma, ha al suo attivo un impressionante record di operazioni su pazienti con problemi di emodinamica e cardiologia interven-tistica (occlusione di arterie e problemi correlati, n.d.r.). Una moglie, Laura, psicoterapeuta e due figli, Giulia di 12 anni e Filippo di 4, ci offrono un quadro solido di un uomo motivato nella sua vita e nella sua carriera. Insomma quasi una sorpresa se pensiamo a tutte quelle notizie di malasanità che ci giungono sempre dall’Italia. Cerchiamo allora di capire attraverso il nostro giovane chirurgo cosa si aspetta un giovane da un sistema sanitario cosi bistrattato.

Dr. D’Errico, è proprio vero che la sanità  italiana si trova in una crisi profonda?
“A mio avviso il sistema italiano dovrebbe essere riformato profondamente anche se l’assistenza e la professionalità che si riscontrano negli ospedali italiani, si avvicina molto in termini di qualità  a quella dei paesi più industrializzati. I casi di malasanità  che si riportano sui mezzi di informazione non sempre rispondono alla verità . Io che sono dentro il sistema, resto molto scettico quando leggo le storie di prima pagina, specialmente quelle che si riferiscono al nostro ospedale. Il più delle volte leggo il falso….”.

Scusi ma prima lei diceva che il sistema va riformato e ora afferma che la critica sui mezzi di informazione è falsa…
“L’obiettivo della critica dovrebbe essere più diretto ai criteri di formazione degli staff sanitari che non al medico. I medici si distinguono in sole due categorie: il primario, dirigente di secondo livello e tutto il resto dello staff medico che è di primo livello. Noi siamo 17 cardiologi e un primario; secondo lei è possible collocare 17 medici tutti allo stesso livello?”

Negli USA abbiamo un sistema meritocratico che qualifica chi lavora meglio e di più
“Infatti, e la sola meritocrazia nell’ospedale italiano è l’anzianità . Noi dovremmo avvicinarci un po’ al sistema americano. Io non lo conosco bene ma da quello che leggo e apprendo ai congressi internazionali, il medico americano è valutato per quello che è capace di produrre. Se io faccio 20 interventi a settimana e vengo retribuito come un medico che ne fa 3, ho problemi a pensare che siamo uguali.”

Lei crede quindi che bisogna privatizzare amplificando la voce meritocrazia?
“Io sono convinto che oggi in Italia ci sia uno spreco di risorse enorme. La voce da analizzare è “spreco” perchè la nostra sanità  rischia il fallimento a causa di un uso delle risorse poco competente. Se cominciassimo a fare un piccolo passo privatizzando con raziocinio, si eliminerebbero anche le discriminazioni. Si potrebbe cominciare ad assumere anche in base alle capacità  e ai meriti oltre che per concorso. L’offerta di un contratto fuori concorso aprirebbe un mercato chiuso che oggi più facilmente è soggetto alla raccomandazione per il posto fisso. I contratti potrebbero essere rinnovabili in 3/5 anni per aprire un mercato basato più sul merito. I pazienti potrebbero cominciare a contribuire in parte per ottenere un servizio diverso.”


Come si potrà  spiegare ad un cittadino abituato a ricevere un servizio garantito che da domani potrebbe pagare per ottenere lo stesso servizio? 

“L’Italia è una nazione moderna e i cittadini possono ricevere informazioni per capire che quando partecipano al miglioramento del sistema, diminuiscono drasticamente anche gli sprechi. L’equazione spreco e scarsi incentivi produce anche più spesa per il paziente che quando vuole essere curato come merita, va all’estero dove per ottenere un servizio è disposto anche a pagare. In Francia come in Inghilterra e negli USA, per ottenere servizi speciali bisogna fare specifiche richieste alle assicurazioni. Il tutto è regolato da una precisa economia di mercato. In Italia l’applicazione di tali servizi è a completa discrezione del chirurgo.”


Ma allora c’è una discrezione professionale…

“Indubbiamente, anche se non esiste una scelta condizionata da una spesa. Se i chirurghi, a prescindere dall’impegno e dalla produttività , vengono tutti considerati allo stesso livello, alla fine chi paga? E qual’è l’incentivo a fare meglio e di più?…

“Ma come si diventa primario e come si sviluppano queste nuove tecniche che vi pongono all’avanguardia? 
“La risposta è, se mi consente, all’italiana. Io personalmente lavoro 10 ore al giorno per passione, partecipo quando posso a tutti i congressi internazionali per migliorare la mia professionalità. Il mio lavoro è la mia vita e spero sempre che sia così anche per tutti i miei colleghi. La passione come incentivo personale perpetua il dramma dell’Italia: grandi individualità  e poche squadre. Chi più lavora dovrebbe, secondo me, far parte della squadra che vince invece che eccellere da solo. Anche se poi sono gli stessi pazienti a riconoscere i valori tornando a ringraziare e raccomandando i propri amici.”

Alla fine sono gli italiani che anticipano le decisioni del sistema?
“Certo, siamo un popolo di grande cultura e intelligenza. La telematica e internet stanno cambiando anche l’Italia. Il mio primario, prof. Roberto Serdoz ci lascia lavorare in libertà  sviluppando insieme con noi giovani le nuove tecniche. Un grande innovatore oltre che maestro di vita. Anche se guardiamo sempre con un po’ di soggezione al sistema americano, ormai l’Italia della cardiologia è sul podio dei Paesi più avanzati al mondo. I nostri centri di “cardiologia interventista” sono meglio distribuiti in Italia che negli USA. Specialmente in Toscana abbiamo oggi una realtà  in assoluto prima al mondo. Abbiamo però bisogno di imparare dagli americani e sarebbe auspicabile che specialisti USA venissero a lavorare da noi e viceversa. Noi facciamo già  questi programmi con altri paesi Europei e i risultati sono eccellenti.”

Che messaggio vuole mandare ai nostri lettori italo-americani?
” Affidatevi al nostro sistema senza timori. E’ vero, possiamo migliorare ma generalmente la nostra professionalità  ad alti livelli”.

E noi vogliamo aggiungere che il Dr. Fabrizio D’Errico può essere raggiunto anche al suo ambulatorio in Via De Gasparis, 29 – 00146 Roma. Il suo telefono è 06.5034926, email fabrizio.derrico@tin.it. Noi intanto continuiamo a sfatare l’immagine di un’Italia fatta solo di baroni, politici e status quo. Fabrizio D’Errico entra di diritto nella squadra dei giovani talenti italiani scovati da Ilica per America Oggi. Come quelli che hanno partecipato lo scorso giugno alla conferenza di St. John’s University, Fabrizio si presenta come un professionista che ci ricorda un’Italia che lavora e che purtroppo deve anche sostenere l’altra Italia che parla. E che spesso parla troppo.

*Fondatore e presidente di Ilica

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